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Relazione definitiva sull’incontro

PREMESSA

La Giunta Comunale di Teano, con Atto Deliberativo n. 284   del 3/10/2011  ha  dato incarico ad una Commissione di Studio  di compiere ricerche ed approfondimenti sul dibattuto tema dell’Incontro di Teano. Per corrispondere al mandato loro affidato, i componenti della Commissione hanno ritenuto necessario procedere alla ricerca di ulteriore documentazione riguardante l’Incontro del 26 ottobre 1860, al fine di pervenire ad un definitivo chiarimento in ordine ad alcuni aspetti controversi della vicenda, quali, ad esempio:

1 – la verifica delle fonti di provenienza militare;

2 – l’esatta individuazione del Monte Croce o Monte Santa Croce;

3 -  l’esistenza o meno di una relazione sull’Incontro redatta dal Colonnello Cesari per conto dell’Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito;

4 – l’esatta individuazione di alcuni elementi paesaggistici  descritti nei racconti dei testimoni oculari.

Il Gruppo di Lavoro, pertanto, si è recato più volte presso l’Archivio del riferito Ufficio Storico, presso l’Archivio dello Stato Maggiore dell’Esercito di Napoli, presso  gli Archivi  di Stato di Napoli e di Roma.. Grazie alla documentazione di cui si è venuti in possesso si è in grado di dire una parola ancor più chiara  e, si spera, definitiva sui movimenti delle forze in campo (IV° Corpo d’Armata, V° Corpo d’Armata, il Re Vittorio Emanuele II, Giuseppe Garibaldi)  in quella mattina del 26 ottobre e sulla esatta individuazione del luogo dell’Incontro.

Le conclusioni cui è pervenuta la Commissione saranno presentate  in forma articolata, dettagliata e documentata  in un lavoro di prossima pubblicazione che sarà proposto agli studiosi e  a tutti i mezzi di informazioni, sia cartacei che televisivi, in un apposito convegno di rilevanza nazionale.

Per il momento, la Commissione con la presente relazione sintetica intende fornire soltanto alcuni aggiornamenti sulla dibattuta vicenda, in modo da tutelare da subito la memoria storica che la Città di Teano conserva gelosamente, respingendo con la forza degli argomenti e delle prove inoppugnabili le pretestuose, superficiali, e inspiegabili prese di posizioni che tendono a stravolgere quanto la ricerca storica, in ogni caso, ha già  definito e sistemato.

1 –TEANO, LA CITTA’ DELLO STORICO INCONTRO

-          Teano è riconosciuta universalmente come la città dell’Incontro

Fin dai giorni  che seguirono  all’Incontro tra Vittorio Emanuele II e Giuseppe Garibaldi e per i successivi due, tre decenni, – si può dire fino agli ultimi anni del secolo XIX -, il nome di Teano è stato universalmente associato  dagli studiosi,  dalle istituzioni civili e militari, dai giornali italiani e stranieri,  dai testi scolastici, dalla stessa tradizione popolare e dalla iconografia, allo straordinario evento storico del 26 ottobre 1860. Per tutti la stretta di mano tra il Re ed il Generale Garibaldi  veniva ricordata in un sol modo: Incontro di Teano. Nel tempo la formula si è depositata nella cultura  e nel linguaggio popolare fino ad assumere un valore metaforico,  estendendosi, in virtù  della sua pregnanza storica,  ad ogni altro tipo di incontro che venisse a determinare una  svolta, un cambiamento nella vita di una persona o di una comunità.

Nessuna diversa rivendicazione territoriale,  nessuna incertezza, nessuna querelle viene sollevata per tutti  quegli anni in ordine al luogo dell’Incontro. 

 

-          La tradizione degli abitanti di Caianello

 

Vero è che in una piccola realtà locale limitrofa al territorio di Teano, nel piccolo Comune di Caianello,  si coltiva già in quegli anni una memoria dei fatti leggermente diversa, che colloca l’Incontro a qualche centinaia di metri di distanza dal Ponte di San Cataldo. Sopravvive ancora oggi in alcune famiglie originarie di Caianello il ricordo nitido di un “attestato” che quest’ultimo Comune rilasciava, con atto formale,  ai bambini nati nel 1860 per riconoscere agli stessi  una sorta di privilegio, quello di essere nati nell’anno in cui i due grandi del Risorgimento si sarebbero incontrati nel  tenimento di Caianello. Per le autorità comunali che rilasciavano l’attestato e per gli abitanti di Caianello, il luogo presunto dell’Incontro veniva individuato in un tratto di campagna denominato “Vuscolella del Duca”, ossia “Boschetto del Duca”. Interessante è notare che questa presunta scena dell’Incontro si trova soltanto a qualche centinaia di metri di distanza dal Ponte di San Cataldo e da Borgonuovo, e precisamente nel punto in cui la strada proveniente da Aorivola incrocia la strada Vairano-Teano. Si tratta, come  può facilmente comprendere  chi conosce i luoghi, di distanze quasi insignificanti tra un punto e l’altro, tant’è che il Bivio di Aorivola è visibile chiaramente dal Ponte di San Cataldo e viceversa.

E’ proprio in questa ristretta area territoriale  che si gioca la verità storica, ed un esame obiettivo delle fonti e delle testimonianze disponibili, associato ad  una ricostruzione dei fatti rispettosa delle stesse, sembra escludere che l’Incontro possa essere avvenuto  in aree territoriali  diverse, tanto più  se si pretende di collocare l’Incontro in posti  distanti parecchi chilometri da questo preciso teatro, qual’è appunto il caso di Taverna della Catena.

-          Il Comitato di Teano del 1891 avvia le ricerche sull’Incontro

 

A distanza di 31 anni dall’Incontro, nel 1891, si costituisce in Teano un Comitato, presieduto dall’Avvocato Mariano Mongillo, con lo scopo di assodare con assoluta precisione il punto esatto dell’Incontro e “tramandare ai posteri …… con un ricordo in pietra ……il fausto avvenimento”.  Il dubbio che il Comitato intende sciogliere, forse con eccesso di zelo, consiste nello stabilire se l’Incontro sia avvenuto al Bivio tra  la mulattiera Via Cupa e la strada Caianello-Teano oppure al Bivio tra la mulattiera Fontana Paola e detta strada.  Pur trattandosi, in ogni caso, di due bivi posti a breve distanza l’uno dall’altro,  e comunque a poche decine di metri dalla Chiesetta di Borgonuovo, al comitato teanese la questione  appare di estrema importanza, interessato com’è ad erigere il monumento proprio sullo stesso terreno calpestato in  quella umida e fredda mattina dai due costruttori  dell’Unità d’Italia.

Ha inizio da questo momento, soprattutto per iniziativa dell’insegnante Vincenzo Boragine, Segretario del Comitato, un intenso lavoro di ricerca e di studio che durerà ben ventitre anni che culminerà nella pubblicazione del 1914 (1): si interrogano con un apposito questionario  quanti, piemontesi e garibaldini,  presero parte in qualche modo agli eventi per acquisirne le testimonianze scritte, si ricercano  documenti presso l’Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito e l’Archivio Storico di Torino;  si ricercano mappe presso l’Istituto Geografico Militare; si sollecitano i protagonisti a ritornare sui luoghi per far riemergere dalla memoria particolari topografici utili ad individuare il luogo esatto dell’Incontro; si va alla ricerca degli abitanti del posto ancora viventi che siano stati spettatori dell’Incontro e si raccolgono le loro testimonianze, alla presenza di un notaio e, in qualche caso, di un ufficiale dello Stato Maggiore dell’Esercito, il Colonnello Cerqua, che riferisce di queste interviste direttamente al Capo dell’Archivio Storico.

2 – LA OSCURA VICENDA DEL DIARIO DEL COMANDO IN CAMPO

 

-          L’Ufficio Storico dello Stato Maggiore si interessa della questione.

 

La ricerca  avviata dal Comitato di Teano, e le lettere che quest’ultimo invia al Ministero della Guerra e all’Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito per ottenere riscontri certi circa l’esatto luogo dell’Incontro,  convincono l’Ufficio Storico  a disporre un proprio approfondimento sulla questione. Il Colonnello  Cavaciocchi, all’epoca Responsabile dell’Ufficio Storico, si occupa delle ricerche personalmente, facendo tirare fuori dagli archivi, la cui sistemazione definitiva era terminata soltanto alcuni anni prima,  documenti, diari, testimonianze, note, mappe, articoli di giornali.

-          L’Ufficio Storico conclude  che nei Diari di Guerra non si parla del luogo dell’Incontro.

In data 30 ottobre 1891 il Ministro della Guerra Carenzi, portando a sintesi le informazioni fornitegli dall’Ufficio Storico, fa il punto sul lavoro di ricerca effettuato e invia una lettera  di riscontro al Comitato di Teano nella quale riferisce che “sono stati consultati attentamente i documenti relativi alla campagna del 1860 nelle province meridionali ed i diari  che esistono negli archivi del Corpo di Stato Maggiore” e conclude affermando  che nonostante l’accurata e lunga ricerca  “ non venne trovata alcuna notizia la quale accenni all’incontro del Re Vittorio Emanuele con Garibaldi in Teano”. Il Ministro, peraltro, nella stessa nota dichiara che si trova nell’impossibilità di definire il luogo esatto dell’incontro, atteso che gli archivisti dell’Ufficio Storico si sono trovati dinanzi a testimonianze imprecise e contraddittorie. Il Ministro fa un resoconto di tutti i documenti e delle testimonianze trovati nell’Archivio e li cita uno per uno.  Sebbene l’elenco redatto dal Ministro  riporti  documenti  e testimonianze che , in contraddizione stridente tra di loro, collocano l’incontro nei luoghi più disparati, (alcuni  portano fuori dell’asse Vairano-Teano, in località come Caiazzo, Formicola, Sessa Aurunca, ecc.), appare tuttavia  del tutto evidente ed innegabile  che la maggior parte delle testimonianze fissano l’incontro nell’area di Borgonuovo, in quanto, anche laddove non parlano apertamente di Borgonuovo o Ponte di San Cataldo, rimandano in modo chiaro ed inequivocabile a tale area quando citano la  “strada Caianello-Teano”  e il  “Ponte di Caianello”, indicazioni che indirettamente si riferiscono all’area compresa tra Borgonuovo ed il Bivio di Aorivola.

-          Una strana “dimenticanza” nella lettera del Ministro Carenzi  al Comitato di Teano.

Esaminando attentamente la lettera che il Ministro della Guerra Carenzi scrive al Comitato di Teano, balza agli occhi  una strana omissione di una decisiva informazione  circa il luogo dell’Incontro di cui il Ministro era sicuramente in possesso. In una nota interna al Ministero della Guerra, scritta antecedentemente a quella inviata al Comitato di Teano, contraddistinta dal  n. 1609 e firmata  dal Ministro medesimo,  (reperita dal Gruppo di Lavoro di Teano in occasione di una ricerca fatta nello scorso mese  di ottobre  negli archivi  dell’Ufficio Storico) il Ministro Carenzi aveva scritto: “da informazioni che questo Ministero ha avuto in via particolare dal tenente Generale Bertolè Viale Cav. Ettore, In allora al seguito di Sua Maestà, parrebbe che l’incontro sia effettivamente avvenuto al ponte di San Cataldo”. E’ strano e inspiegabile che di questa importante e autorevole informazione avuta, nell’ambito delle ricerche  che venivano effettuate  in quel momento dall’Archivio Storico  direttamente dal Generale Bertolè Viale, suo predecessore al Ministero della Guerra, il Carenzi non fornisca alcuna notizia  nella lettera che scrive al Comitato. E’ utile sottolineare che il Generale Bertolè Viale marciava al fianco del Re la mattina del 26, e quindi  è stato un testimone oculare dell’incontro con Garibaldi. Inoltre, il Generale Bertolè era colui che aveva redatto il famoso Diario del Quartier Generale fino al 5 ottobre 1860, facendo il resoconto, giorno dopo giorno, degli avvenimenti militari più rilevanti e firmando gli stessi in ogni pagina.

-          Il Ministro riferisce che nei tre Diari non esiste il riferimento a Taverna Catena.

A parte tale inspiegabile omissione, quel che appare di straordinaria rilevanza per la definizione del luogo dell’Incontro è che dalla lettera del Ministro Carenzi si evince in maniera chiara ed esplicita che nel 1891 tutti i Diari della campagna meridionale (quindi anche quello del Comando in Capo) erano stati  consultati attentamente” dagli archivisti e che gli stessi non facevano alcun cenno alla  località  in cui si sarebbe verificato l’Incontro.

Sappiamo, per averlo riscontrato direttamente nel mese di ottobre scorso in occasione delle ricerche che abbiamo effettuato presso l’Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito, che presso il suo  archivio  sono conservati  tre diari: il Diario del Quartier Generale, il Diario del 4° Corpo d’Armata, il Diario del 5° Corpo d’Armata. Non resta da concludere, stando alle parole del Ministro,  che gli archivisti  nel 1891 consultarono “attentamente” i tre Diari senza trovare, per loro stessa asserzione, alcun riferimento al luogo dell’Incontro.

 

3 – IL SAGGIO DEL CAPITANO DEL BONO

-          Fa la comparsa sulla scena il Diario del Comando in Capo che parla di Taverna Catena

Nel 1898 il Capitano Giulio del Bono subentra, nell’incarico di ordinatore dell’archivio dell’Ufficio Storico,  al Tenente Barbarich e continua il lavoro di sistemazione e di indagine sui documenti conservati nell’archivio. Undici anni dopo,  nel 1909 il Del Bono pubblica  un articolo intitolato “Incontro di Vittorio Emanuele II col Generale Garibaldi il 26 ottobre 1860”. In questo articolo il Del Bono introduce nel dibattito sulla località dell’Incontro un elemento dirompente, citando una frase che egli trascrive da uno dei tre Diari esistenti presso l’Ufficio Storico, appunto il Diario del Quartier Generale. Dopo quarantanove  anni di buio, il Del Bono fa apparire improvvisamente da tale Diario (uno dei tre diari che nel 1891, dopo essere stato attentamente esaminato dagli ufficiali dello Stato Maggiore, non aveva fornito alcun elemento informativo sul luogo dell’Incontro ), un breve inciso nel quale, alla data del 26 ottobre 1860, si legge la seguente nota: “A Taverna della Catena S.M. il Re che col suo Quartier Generale marcia con le truppe  del IV Corpo, è incontrato dal Generale Garibaldi”.

-          Ha inizio una lunga e insistente  serie di pretese da parte di Vairano

Tanto basta ad accendere gli animi degli amministratori  di Vairano, che presumono di avere tra le mani un elemento decisivo che sposta l’incontro nel loro territorio:  danno inizio da quel momento  ad una infinita, insistente, incalzante serie di richieste, che talvolta assume toni arroganti e scorretti, rivolte all’Ufficio Storico dello S.M.E ed al Gabinetto del Ministro competente  per il riconoscimento di Taverna della Catena quale luogo dell’incontro.

-          Lo Stato Maggiore dell’Esercito critica il  comportamento del Sindaco di Teano e boccia le pretese di Vairano

 

La disputa fra i Comuni di Teano e Vairano raggiunge toni aspri in occasione della celebrazione del Centenario dell’Incontro ed entrambi i Sindaci pongono in essere comportamenti che vengono fatti oggetto di censura da parte dello Stato Maggiore dell’Esercito. In data 13.2.1960 il Sindaco di Teano  chiede allo S.M.E. di far conoscere se esiste una relazione ufficiale sull’Incontro. In risposta, il Colonnello Di Lauro fa sapere (nota n. 1417/060 del 11 marzo 1960) che non esiste alcuna relazione ufficiale sull’argomento e tuttavia  aggiunge che “il volume L’Assedio di Gaeta e gli avvenimenti militari del 1860-61 nell’Italia Meridionale, pubblicato nel 1926 dallo Stato Maggiore dell’Esercito, “rappresenta la relazione dell’Ufficio Storico dello Stato Maggiore sull’intera campagna”. La lettera  proseguiva citando proprio il passo dell’Assedio di Gaeta dove si dice che l’incontro è avvenuto “presso il ponticello di San Cataldo, a circa 200 metri dalla Chiesa di Borgonuovo”. Il  Sindaco di Teano è accusato in un “Appunto generale” del settembre 1961, pare scritto dal Generale Drago, di scorrettezza perché “tale citazione, interpretata scientemente e arbitrariamente come suggello della spinosa questione risolta finalmente in favore del suo Comune, era oggetto (nonostante il suo carattere di ufficio) di pubblicazione passata ad arte al”Mattino” del 25 marzo 1960”. Come si vede, lo Stato Maggiore dell’Esercito non rinnega la posizione ufficiale da esso assunta nel volume “L’assedio di Gaeta” a favore di Teano, si limita bensì a rilevare un comportamento scorretto consistente nell’aver strumentalizzato e reso pubblico un documento avente carattere d’ufficio.

Di diversa qualità è la censura che lo Stato Maggiore dell’Esercito indirizza verso l’atteggiamento tenuto dagli amministratori di Vairano, in quanto riguarda sia questioni di forma che di sostanza. I toni usati dagli amministratori di Vairano vengono mal tollerati dall’Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito, che cerca in tutti modi di far capire al Sindaco di Vairano che  che “lo studio fatto dal capitano Del Bono” non può essere  presentato “come Relazione Ufficiale dell’Ufficio Storico sull’incontro dei due personaggi, attribuendo veste assolutamente arbitraria ad una semplice fonte bibliografica. E’ interessante notare come lo stesso “Appunto generale” si pronunci, al punto 3, sul lugo dell’incontro: “non v’è dubbio che l’Incontro non avvenne  né a Teano, né a Vairano, bensì lungo la strada che congiunge le due località …..”  Il fastidio con cui vengono accolte le pretese avanzate dal Comune di Vairano giunge fino al punto che il Capo dell’Ufficio Storico, colonnello Di Lauro, scrive ai  suoi superiori una Relazione per stigmatizzare ufficialmente il comportamento tenuto del Sindaco di Vairano. In tale relazione il Di Lauro bolla come fatto di estrema gravità una deliberazione del Comune di Vairano alla quale è stato allegato un opuscolo nel quale “si riporta, in stralcio, uno studio fatto dal Capitano del Bono, limitatamente alle citazioni interessanti la propria tesi”. In un altro Appunto del I° Reparto dello Stato Maggiore dell’Esercito datato 8 luglio 1960 si legge: “Il Sindaco del Comune di Vairano cita solamente i motivi storici a favore della propria tesi trascurando del tutto quelli a favore della tesi di Teano; nel contempo, usando termini non molto corretti, chiama in causa l’Ufficio Storico perché ha fornito “risposte equivoche” …… Il Comune di Vairano è di una tenacia ammirevole nel voler imporre, unilateralmente, la sua versione ed a tal fine chiama sempre in causa l’Ufficio Storico pretendendo che sia questo a sanzionare la veridicità del suo punto di vista.   …….La pretesa di Vairano è puramente unilaterale”.

In un altro “Appunto” datato 16 settembre 1961, il Capo dell’Ufficio Storico scrive: “Vairano insiste sostenendo – anche con un certo contegno non troppo corretto, del resto alquanto abituale -  che l’ufficio non può negare il rilascio dei documenti. Questa tesi è discutibile. C’è, comunque, il fatto – e non si sa più che linguaggio adottare per persuadere Vairano – che l’Ufficio Storico non può, sia pure solo implicitamente, avallare la tesi storica circa l’incontro sostenuto da Vairano, quando si sa che questa tesi, se non infondata,  è, quanto meno, controversa.  Conviene ancora rilevare che il Comune di di Vairano dà veste assolutamente arbitraria alle fonti. Tant’è vero che, per lui è divenuto “Relazione Ufficiale” dell’Ufficio Storico a cura del Generale Giulio del Bono, un semplice studio dell’allora Capitano del Bono, pubblicato in un periodico, edito dall’ufficio Storico, del 1909”.

 

-          I sospetti e le perplessità sorti intorno ad un anomalo Diario.

Ma a prescindere da tali comportamenti che denotano un approccio sbagliato da parte delle Autorità di Vairano alle problematiche connesse all’Incontro,  è di estremo interesse procedere all’esame di alcune questioni di merito in ordine al Diario storico dell’Armata di occupazione, documento su cui si basa peraltro in via quasi esclusiva il saggio del De Bono (3). Il Gruppo di Lavoro di Teano, che ha potuto visionare attentamente tale Diario,  ha avuto immediata contezza di alcune perplessità sull’aspetto grafico con cui tale Diario si presenta. Tali rilievi sul versante formale del Diario accrescono e confermano  i dubbi e le perplessità di quanti hanno messo in discussione la veridicità e la rispondenza alla verità storica dell’asserzione contenuta nel Diario. Peraltro, va precisato che tali perplessità   sostanziali furono rilevati per primo dal capitano Manfredi, ufficiale incaricato di sistemare l’Archivio Storico, e successivamente anche dal Colonnello Cesare Cesari. Costui nel suo promemoria del 1926 – di cui parleremo  più avanti – giunse a conclusioni tali da inficiare lo stesso valore documentale della breve annotazione in cui si citava Taverna della Catena. E se si tiene conto che quelle due righe del “Diario” e il conseguente studio del Capitano Del Bono rappresentano i pilastri su cui si fonda l’impianto teorico di chi sostiene la tesi di Taverna Catene, si capisce che la loro messa in discussione da parte dei responsabili dell’Ufficio Storico finisce per togliere alla tesi di Vairano ogni valido  fondamento documentale.

-          Il Diario esistente è  una copia scritta alcuni anni dopo

 

Come si presenta, sotto l’aspetto grafico,il  Diario del Comando in Capo?  Il Diario è composto di  fogli   singoli successivamente fascicolizzati e la narrazione degli avvenimenti di guerra si sviluppa  su una colonna che occupa due terzi della pagina, sul lato destro della stessa. Sul lato sinistro, di fianco al capoverso, sono indicate di volta in volta le date cui si riferiscono gli avvenimenti narrati. Un dato di fatto che risalta immediatamente è  che la scrittura scorre su tutte le pagine, dall’inizio alla fine, sempre uguale, senza correzioni, senza ripensamenti, senza aggiunte, senza annotazioni. E tanto appare ancora più strano se si valuta che il Diario,  che è stato scritto  fino al 5 di ottobre dal Colonnello Bertolè Viale  e dopo questa data da un altro Ufficiale, dovrebbe quantomeno presentare due grafie diverse. Il Diario, al contrario,  si presenta scritto, sia per la parte antecedente il 5 ottobre che per la parte successiva, sempre con la stessa grafia. Partendo da tale osservazione,  il Colonnello Cesare Cesari,   ufficiale, studioso e tecnico  che conosceva benissimo il mondo militare in relazione alla storia del Risorgimento per averne esaminato i passaggi cruciali in importanti saggi storici, diede il seguente giudizio: “al momento dell’avvenimento, i vari comandi militari non dettero a quell’incontro l’importanza che ha avuto di poi, onde i loro diari non ne fecero parola. Solo ne parlò il diario del Comando in Capo in una riga che sembra un inciso. Ma questo Diario non è firmato, appare scritto tutto di seguito e quindi a campagna ultimata, e non ha per conseguenza quell’aspetto di una fedele cronaca giornaliera che lo avvalorerebbe maggiormente”. Successivamente il medesimo Colonnello Cesari scrive che non deve essere dato “esclusivo valore documentale alla frase  inclusa nel diario stesso perché intercalata fra le mosse del 5° Corpo e perché mancano  altri diari di raffronto e conferma. Quanto siano assolutamente necessari simili confronti, lo sanno per esperienza quelli che lavorano sui documenti, essendo questi talvolta contraddittori fra di loro e non sempre esatti perché dettati da punti di vista personali”. In un altro Appunto dello Stato Maggiore dell’Esercito si parla apertamente di “copia”, realizzata anni dopo.

 

La bocciatura del Capitano Manfredi

Quando il famoso Diario in cui si cita Taverna della Catena fa la sua improvvisa apparizione sulla scena della storia, presso l’Archivio Storico lavora un altro ufficiale, il Capitano Cristoforo Manfredi di cui abbiamo fatto cenno in precedenza. Ed è questo Ufficiale ad  avanzare immediatamente, ancora prima del Cesari, delle perplessità in merito alla sua attendibilità. Il Capitano Cristoforo Manfredi,  si trova ad esaminare il Diario dal punto di vista della congruità storica con il complesso dei documenti esistenti nell’Archivio. Si accorge di alcune stridenti contraddizioni e stende una breve nota di commento sul Diario che viene  fatta propria da tutto l’Ufficio Storico, (in una relazione al Ministro la nota del Manfredi  viene riferita come un documento“che si presume d’ufficio”) e viene  a costituire parte integrante del Diario, in quanto  allegata “ufficialmente” allo stesso. Trovatosi dinanzi  ad alcune discordanze di fondo tra il Diario del Comando in Capo e gli altri due, il Manfredi avanzò esplicitamente delle perplessità su quelle due righe in cui si parla di Taverna della Catena e si pronunciò in questo modo: “Il Diario del 4° Corpo non fa menzione dell’incontro. Nella corrispondenza del Quartier Generale non esiste alcuna lettera che parli di detto incontro”, ponendo in tal modo il problema di una frase costruita senza il sostegno di una precisa informazione epistolare. Continua poi dicendo che sarebbe necessario individuare gli Ufficiali che costituivano in quel momento lo Stato Maggiore del Re, ma poi conclude che ciò è impossibile per assenza di notizie in tal senso.

Le differenze con il Diario del 1860 scritto dalla parte borbonica

Il Gruppo di Lavoro di Teano ha avuto l’opportunità di visionare presso l’Archivio Storico di Napoli lo straordinario “’Archivio Riservato di Casa Reale” del Regno Borbonico (4), ed in particolare il capitolo relativo all’anno 1860 in cui si parla dell’Incontro di Teano (di questo parleremo più innanzi per un aspetto molto  interessante). Si tratta della cronaca particolareggiata  delle guerre combattute dai napoletani contro i garibaldini ed i piemontesi nell’anno 1860, raccontate dal punto di vista dell’esercito borbonico. Salta subito agli occhi dell’osservatore il diverso modo in cui si presenta la pagina vergata dall’addetto alla registrazione degli eventi, completamente diverso dal Diario dello Stato Maggiore Piemontese: l’ordine formale della pagina è frequentemente spezzato e violato da aggiunte fuori riga, da cancellature e sostituzioni di interi periodi, da annotazioni a margine della colonna di scrittura, dalle continue variazioni di grafia, ecc. Mai come in questo caso si ha l’immagine di un Diario scritto in tempo reale,  giorno per giorno, seguendo l’incalzare degli eventi  e rispecchiando drammaticamente l’affluire tumultuoso di notizie recate da informatori, da lettere o da dispacci.

La personalità del Capitano del Bono e l’accanimento verso il Giovannelli e il Porta.

 

Per concludere, e precisando che anche questo aspetto della personalità del Del Bono è stato  possibile documentare con le ultime ricerche, bisogna parlare dell’atteggiamento tenuto dal capitano Del Bono  nei confronti di altri due protagonisti del Risorgimento i quali affermavano con assoluta certezza, al contrario di lui, che l’Incontro era avvenuto a Teano.  Leopoldo Giovannelli, attendente di Garibaldi, dichiara, ribadisce, conferma, con  forza e talvolta con disperazione, con articoli di giornale e con memorie scritte, di essere stato presente la mattina del 26 ottobre al Ponte di San Cataldo e di essere stato testimone oculare dell’Incontro fra il Re e Garibaldi, in quanto per la sua funzione di attendente cavalcava al fianco del Generale. Chiede insistentemente di essere ascoltato dall’Ufficio Storico della Guerra.  Del Bono, invece, lo ignora e contrasta in modo feroce la sua tesi,  ne mette in discussione l’onesta intellettuale e ne sminuisce il valore della  parola data perché “ non dà affidamento”. Offeso nella sua dignità di uomo e di militare integerrimo il vecchio Giovannelli si toglie la vita, dopo aver pubblicato su “La Tribuna” un articolo in cui fa un’estrema difesa della sua posizione e della sua credibilità. Il Del Bono non trova niente di meglio che “insultarlo con un articolo dopo la sua morte”, come dice una  pietosa annotazione dattiloscritta apposta da un archivista dell’Ufficio Storico in margine ad un articolo di giornale che parla dell’Incontro di Teano.

Un altro caso è quello di Giuseppe Porta, zappatore del 6° reggimento genieri del IV Corpo d’Armata. Il Porta, all’interno di una sua personalissima tesi secondo la quale ci sarebbero stati due incontri tra il Re e Garibaldi – il primo, segreto,  nel pomeriggio del giorno 25 presso Presenzano ed il secondo, di parata,  la mattina del 26 a Borgonuovo – viene a Teano per un sopralluogo e riconosce  nella salitella di Borgonuovo la località in cui è avvenuto l’Incontro. Per le posizioni da lui assunte, il Porta viene fatto oggetto di persecuzione da parte del  Del Bono, viene minacciato di provvedimenti disciplinari, subisce un’aggressione fisica e rischia di essere internato in manicomio per infermità mentale.

4  – L’INCONTRO DI TEANO NE “L’ASSEDIO DI GAETA”.

Come si è già accennato al punto 3) di questa Relazione, in diverse e numerose occasioni lo Stato Maggiore dell’Esercito si è visto costretto a fornire delucidazioni circa la località dell’Incontro fra il Re e Giuseppe Garibaldi. La posizione costantemente mantenuta e sempre ribadita dai vari ufficiali succedutisi nel Comando dell’Ufficio Storico è stata quella di confermare l’assenza di qualsivoglia Relazione Ufficiale redatta da alcuno dei componenti dell’Ufficio Storico stesso, con ciò togliendo carattere di ufficialità sia allo studio pubblicato dal Del Bono nel 1909 sia allo studio pubblicato dal Cesari nel 1926.

Tutte le volte che lo Stato Maggiore dell’Esercito si è pronunciato al riguardo, pertanto, sono stati sempre precisati con estrema chiarezza due aspetti:

1 – non esistono in ordine all’incontro del 26 ottobre 1860 relazioni ufficiali, ma soltanto pubblicazioni di studiosi che, pur appartenendo all’Ufficio Storico,  giungono a conclusioni contrastanti, pur   partendo dallo studio e dall’analisi di documenti storici  che “poggiano su documenti storici egualmente validi e probativi” e sono “avallate da citazioni e testimonianze, tutte parimenti attendibili, perché di persone – militari e civili – che furono attori diretti o vissero molto da vicino l’epopea del ‘60”;

2 –  in assenza di relazioni ufficiali da parte dello Stato Maggiore dell’Esercito e dei Ministeri competenti, deve considerarsi come  sola ed unica “versione ufficiale” del’Incontro quella data nel volume “L’assedio di Gaeta”.

Nella nota inviata al Comune di Teano in data 11 marzo 1960 si legge:” il volume l’Assedio di Gaeta e gli avvenimenti militari del 1860-61 nell’Italia meridionale, pubblicato nel 1926, rappresenta la relazione dell’Ufficio Storico dello Stato Maggiore sull’intera campagna”.

Nella “Minuta” dell’Appunto Generale preparato nel settembre 1961 dall’Ufficio Storico per metter in grado il Gabinetto del Ministro di fare il punto sulla situazione, il Capo Ufficio così scriveva: ”nell’anno 1926, indipendentemente da tali studi, l’Ufficio Storico dello S.M.E. pubblicò il volume L’Assedio di Gaeta nel quale, in merito allo storico incontro, è scritto testualmente  riportato  nell’acclusa lettera e cioè, che l’incontro è avvenuto in territorio del Comune di Teano”.

In un altro “Appunto” del dicembre 1959  il colonnello di Lauro si esprimeva in questi termini: “nonostante che una versione ufficiale sia già stata data nel volume L’Assedio di Gaeta, pubblicato nel 1926 ……..”.

Ancora in un altro Appunto datato 8 luglio 1960 si  legge: “ rispondemmo dichiarando la inesistenza di una specifica relazione al riguardo, e riportando, nella lettera, quanto in merito è scritto nella relazione dell’Ufficio sulla campagna militare del 1860-61: l’incontro è avvenuto presso il ponticello di San Cataldo; il quale ponticello si trova in territorio di Teano”.

Dall’insieme delle note sopra citate emerge con assoluta chiarezza che l’Ufficio Storico riconosce validità di Relazione Ufficiale in ordine all’Incontro soltanto alla narrazione che ne  viene fatta a pagina 27 del volume “l’Assedio di Gaeta”, opera voluta, scritta e pubblicato dallo Stato Maggiore dell’Esercito, frutto del lavoro di indagine compiuto su tutti gli episodi della campagna del 1860-61 – e, pertanto, anche sull’Incontro di Teano, in assoluta autonomia di giudizio e “indipendentemente” dagli studi di parte che erano stati compiuti sull’argomento.

Queste che seguono sono, pertanto, le righe riguardanti l’Incontro di Teano  che gli storici dello Stato Maggiore hanno inserito ne“L’assedio di Gaeta”,  unico testo che, come si è visto, impegna lo Stato Maggiore dell’Esercito e con esso lo stesso Ministero della Guerra prima e della Difesa poi, su una definitiva versione ufficiale dell’Incontro, che non verrà più modificata:

“In quello stesso giorno 26 presso il ponticello di San Cataldo, a circa 200 metri dalla Chiesa di Borgonuovo, dove la strada di Caianello dopo la salita di S. Nicola fa un gomito che gira verso Teano, aveva luogo quello storico incontro tra Vittorio Emanuele e Garibaldi, che segnava l’unione di due eserciti e di due regni: Qui Vittorio Emanuele fu salutato dal Dittatore col titolo di Re d’Italia. I due grandi, dopo un breve colloquio proseguirono insieme per Teano, dove giunti si separarono”.

Qualora ce ne fosse ancora bisogno, è appena il caso di segnalare che nell’Archivio di Stato di Napoli sono stati reperiti due volumi pubblicati dal  Ministero della Guerra (6), e che, in quanto tali, sono  espressione della posizione ufficiale dello stesso: “La Campagna di Garibaldi nell’Italia Meridionale”  stampato presso la libreria di Stato nel 1928, e “Il Generale Giuseppe Garibaldi” stampato a Roma nel 1982 in cui gli Autori collocano, rispettivamente, l’Incontro tra i due protagonisti  “sulla via di Teano” e  “poco lungi da Teano”.

5 – IL PROMEMORIA DI CESARE CESARI.

La relazione Cesari esiste. Le due edizioni.

Nell’anticipare che il Gruppo di Lavoro nominato dalla Città di Teano ha già avviato il lavoro di redazione di un nuovo opuscolo sull’Incontro di Teano nel quale  saranno pubblicate tutte le inedite acquisizioni documentali di cui si è venuti in possesso, compreso il Promemoria Cesari nella sua veste integrale e nelle sue due redazioni, ci limitiamo per il momento ad affermare con assoluta chiarezza, contrariamente all’infortunio in cui è incorso l’improvvisato storico locale e la stessa Enciclopedia Treccani, che la relazione redatta dal Colonnello Cesare Cesari nel 1926, a conclusione di ben 23 anni di ricerche, esiste realmente ed è stata da noi reperita negli Archivi Storici dello Stato Maggiore dell’Esercito.

-          Una prima versione dattiloscritta conservata nell’Ufficio Storico

Come è noto a tutti gli studiosi dell’argomentoe, il Colonnello Cesari avviò le sue ricerche sull’Incontro tra Vittorio Emanuele II e Garibaldi per far luce su di una  querelle che era insorta ad inizio ‘900 tra  i Comuni di Teano e  Vairano ed aveva finito per coinvolgere lo stesso Ufficio Storico. Quindi, non di una libera iniziativa individuale si trattava, come afferma il Monsagrati, ma di una indagine compiuta all’interno dell’Ufficio Storico per dare risposta ad un problema di storiografia che veniva insistentemente posto allo Stato Maggiore ed al Ministero della Guerra. D’altra parte, non può essere relegato nell’ambito di una ricerca personale un lavoro durato 23 anni, che ha impegnato il Cesari in una rigorosa indagine basata sulla ricerca di decine di protagonisti dello straordinario evento, sull’acquisizione di una sostanziosa documentazione ora agli atti dell’ufficio Storico. Il Colonnello Cesari avviò un capillare lavoro di raccolta di documenti e fonti, scrisse a quanti avevano avuto un ruolo di comando o di partecipazione nelle vicende del 1860, ne raccolse testimonianze scritte, incaricò il colonnello Cerqua di venire a Teano per seguire, a garanzia di imparzialità, le ricerche che venivano effettuate in loco,  consultò le mappe dell’Istituto Geografico Militare, sollecitò lui (contrariamente a quanto afferma il Monsagrati) gli studiosi locali – tra questi anche il Boragine, di cui aveva, unitamente a tutto lo Stato Maggiore dell’Esercito, grande stima per l’accurato metodo con cui portava avanti le sue indagini – affinchè gli fornissero le informazioni in loro possesso. Dopo 17 anni di lavoro intenso e profondo, nel 1926 il Cesari stese una bozza di sintesi del lavoro compiuto, da noi ritrovata nell’Archivio Storico. Su questa bozza nessuna traccia di timbri del partito fascista, nessuna traccia di pressioni di politici o di ministri, soltanto i timbri dell’ufficio Storico   La bozza, che  si presenta scritta a macchina con inserti di scrittura a mano, è intitolata, ed il titolo è scritto a mano,  “Promemoria sull’Incontro di Teano del 26 ottobre 1860”. In tale bozza di sei pagine il Cesari faceva il resoconto della sua lunga indagine,  citava  quanti, ed erano tantissimi, gli avevano fatto pervenire dichiarazioni scritte che  confermavano  la tesi dell’Incontro di Teano,  valutava tutte le ipotesi in campo, ivi compreso la frase del Diario del Comando in Capo, spiegava estesamente le ragioni per cui erano da escludere altre localizzazioni dell’Incontro, e così chiudeva il suo scritto: “a conclusione di che, si può dire che l’incontro deve chiamarsi “di Teano” come figura in tutti i testi di storia”. La bozza del “Promemoria”  Cesari, dattiloscritta, è conservata presso l’Archivio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito, è fornito di timbro dello S.M.E. ed è conservata nel faldone n. 66 intestato a “Incontro di Teano”.

La seconda edizione stampata presso la Tipografia del Senato

Nello stesso Archivio è stato, inoltre, da noi reperita la stesura finale di tale  “Promemoria” che si presenta sotto forma di opuscolo stampato in molti esemplari (nel solo faldone da noi visionato esistono 5 esemplari), evidentemente per  essere diffusa, a cura dello Stato Maggiore dell’Esercito – Tip.del Senato del dott. G. Bardi in Roma- e fornita del timbro dello Stato Maggiore dell’Esercito che ne certifica l’autenticità. Il documento reca il titolo “PROMEMORIA riguardante l’incontro di S.M. il Re Vittorio Emanuele II e il Generale Garibaldi  il 26 ottobre“.

Il breve opuscolo si compone di sei pagine a stampa e presenta notevoli differenze rispetto alla bozza dattiloscritta, in quanto è stato redatto dopo il 1926 e non può non tener conto delle forti pressioni polemiche insorte dopo la pubblicazione dell’Assedio di Gaeta e della  posizione assunta dallo S.M.E.  a favore di Teano, pressioni che hanno richiesto al Colonnello Cesari  di rivolgere un più ampio sguardo critico alle ragioni di coloro che perseguono tesi opposte alla sua. Il documento, di conseguenza,  offre  una ancora più  ricca mole  di dati e di informazioni, col risultato di dare una maggiore consistenza  probatoria  alla sua tesi,  in un continuo e pacato confronto con gli argomenti avanzati da quanti  avevano attaccato “l’Assedio di Gaeta”.

Le testimonianze raccolte dal Cesari a favore di Teano

Il Cesari si preoccupa di passare in rassegna tutte le fonti e testimonianze,  da lui raccolte in 23 anni di ricerche,  che spostano con decisione l’asse dell’Incontro nel territorio di Teano e le elenca una ad una:

-          Il prof Mongillo archivista di Stato;

-          La dichiarazione del colonnello Cerqua;

-          Una lettera del capitano Lazzarini;

-          Una lettera del generale Milbitz;

-          Gli scritti di Alberto Mario;

-          Gli scritti del Guerzoni;

-          Gli scritti del Pecorini Manzoni;

-          La testimonianza del Moreno;

-          La lettera del Cialdini;

-          La dichiarazione scritta dal generale Bertolè Viale

-          La testimonianza scritta del Missori;

-          Uno scritto dello storico senatore Rava;

-          Gli storici Stefanoni, Oscar Pio e Matterazzi. E tanti altri.

-          La conclusione del Cesari, anche se sfumata,  resta la stessa e conferma quanto scritto nell’Assedio di Gaeta.

Parimenti importante è la ricostruzione ragionata che il Cesari fa dei movimenti dei due Corpi d’Armata e del Generale Garibaldi nella mattinata del 26 ottobre 1860 in relazione ai regolamenti di marcia, alle distanze intercorrenti tra le diverse località che sono state teatro degli avvenimenti in quella giornata, e allo stato dei luoghi per dimostrare che l’Incontro è avvenuto  proprio in località Borgonuovo intorno alle 8 e ½ circa. Pur attenuando il tono perentorio della conclusione cui era pervenuto nella bozza, il Colonnello Cesari perveniva nella versione definitiva del suo promemoria dato alle stampe nel 1926 alla seguente conclusione: “concludendo, pertanto, il sottoscritto crede di aver dimostrato le ragioni e citate le fonti, per le quali gli è sembrata più accettabile la tesi dell’incontro a Borgonuovo che al Quadrivio della Catena”.

Le conclusione cui giunge il colonnello Cesari  nella versione del “Promemoria”  stampata nel 1927  rafforzano e danno corpo anche alla versione ufficiale  fatta propria da tutto lo Stato Maggiore dell’Esercito nel volume “l’Assedio di Gaeta” pubblicato l’anno prima, e da quel momento, come attestano le numerose note e lettere di cui abbiamo riferito,  sia lo Stato Maggiore sia le Autorità istituzionali interpellate  confermano  ripetutamente e con estrema chiarezza  che la versione ufficiale dello Stato Maggiore  deve essere ritenuta esclusivamente quella riportata nel volume “L’assedio di Gaeta e gli avvenimenti militari del 1860-61 nell’Italia Meridionale” .

5 – IL MONTE CROCE O MONTE SANTA CROCE

Il problema della cartografia e dei riferimenti topografici utilizzati da coloro che hanno riferito dell’Incontro per definire con esattezza la sua localizzazione, è apparso da subito una questione di preminente importanza si fini della determinazione del luogo dell’Incontro. Quel che è certo è che le carte  in uso in quel tempo riferite al territorio di Teano omettevano l’indicazione “Borgonuovo” e “Ponte di San Cataldo” in quanto evidentemente ritenute di scarsa importanza topografica:  questo  può farci comprendere perché sono pochi i riferimenti a queste ultime località.

-          Il Monte Santa Croce nella cartografia dell’epoca e il dispaccio del  Generale Milbitz.

Il dato topografico più ricorrente nelle testimonianze rilasciate dai protagonisti e dai testimoni di quello straordinario evento, soprattutto  militari, e maggiormente citato  dagli storici e dai giornali dell’epoca, è senza dubbio il Monte Croce, con o senza lo spazio fra le due parole, o Monte Santa Croce. Ne riferisce lo Stefanoni, lo cita il Materazzi, ne parla in  cronaca il quotidiano “Il Nazionale” nel numero in edicola sabato 27 ottobre 1860, ne parlano storici come Oscar Pio e Mario Meneghini nelle loro informatissime opere,  ma soprattutto ne parla il Generale Milbitz nel dispaccio elettrico trasmesso da S. Maria Capua Vetere la mattina del 27 ottobre 1860 al Generale Turr:  “Ieri  S.M.  Vittorio Emanuele si trovava alla testa di quattro Divisioni a Montecroce  ed ivi s’incontrò col Dittatore”. L’indicazione del Generale Milbitz è riportata anche nel giornale mazziniano “Unità italiana” del 2 novembre 1860 nel quale si scriveva che “…. Il Dittatore e Vittorio Emanuele si videro a Monte Santa Croce”.

I fautori della tesi di Taverna della Catena ricorrono a dei veri e propri equilibrismi logici, patetici se non ridicoli,  per individuare il Monte  Croce in una collinetta sormontata da una “Crocella”  che si eleva  nei pressi di  Marzanello. Il che fa presumere che il Generale Milbitz, gli altri testimoni  e gli storici che hanno riferito di tale dato topografico, nel bel mezzo di un frenetico movimento di battaglioni che si muovevano in ogni direzione, abbiano attinto tutti da gente del posto, gli unici ad essere in possesso di una simile nozione in uso nel linguaggio   popolare, l’informazione che quella località  venisse definita nel linguaggio popolare Monte Croce o Monte Santa Croce.

La verità è che tutti i militari che si muovevano su teatri di operazioni di guerra  avevano con sè  carte topografiche disegnate da istituti militari e si  orientavano solo ed esclusivamente  sulla scorta  di tali carte, rilevando da esse i riferimenti  necessari a definire la propria posizione.  E a ben guardare le carte in uso in quella fase storica, vi era  un solo Monte Santa Croce  chiaramente e inoppugnabilmente segnalato: si tratta dell’altura che si innalza alla sommità del cratere di Roccamonfina a 1005 metri sul livello del mare e che degrada verso la pianura scendendo con il suo braccio principale proprio verso Borgonuovo, passando per il vulcano spento d Monte Lucno. Nella carta della Provincia di Lavoro eseguita nel 1879 dal perito dell’Istituto Tecnico Provinciale e nella Carta del Regno dell’Istituto Geografico è chiaramente tracciata la strada che porta a Teano che rasenta le pendici del Monte Croce.

A queste notizie già fornite dal Boragine possiamo aggiungere che presso l’Ufficio Storico di Roma abbiamo reperito copia della “Carta delle Provincie Meridionali d’Italia” – ediz. 1861 –  scala 1: 640.000, nella quale è ben visibile il Monte Santa Croce, collocato a Nord Nord-Est di Teano, che scende fino a Monte Lucno e degrada fino a Borgonuovo.

-          Monte Croce nelle memorie borboniche

Ma riteniamo che a far luce in maniera definitiva sull’indicazione geografica di  Monte Croce possa essere utile quanto rintracciato presso l’Archivio di Stato di Napoli. Nell’Archivio Borboni  1699-1705 – n.b. 1701 – si trova un faldone recante l’indicazione “Archivio riservato di casa reale, cronache e manoscritti”. Alla data del 26 ottobre 1860 si legge che “il Re Vittorio Emanuele si trova oggi a Montecroce alla testa di quattro divisioni delle sue truppe. Poi incontrò Garibaldi accompagnato da Cialdini che è andato a prenderlo a Caserta”. Ma ciò che appare più interessante è che l’estensore borbonico della nota  si premura di precisare  cosa debba intendersi per Mo nte Croce: una montagna che dalle alture di Marzano scende verso Caianello. E  l’indicazione geografica fornita da un ufficiale borbonico circa un territorio che faceva parte del proprio regno non lascia adito a dubbi. Monte Croce o Monte Santa Croce è l’altura che scende dal vulcano di Roccamonfina fino a Borgonuovo. Vairano è lontano, da un’altra parte,  distante chilometri dalla verità e dal punto in cui il Re e Garibaldi si strinsero la mano.

7 - L’INFORTUNIO DELLA TRECCANI

E’ stato di recente dato alle stampe (?) un opuscolo dal titolo “Nuovi spunti sull’Incontro tra Vittorio Emanuele e Garibaldi”,  collage poco originale che mette insieme cose tutt’altro che nuove  e supposizioni gratuite riprese da  opuscoli  di parte  e dalla rete internet, il tutto tenuto insieme da  forzature logiche che cercano di far quadrare, con impossibili e improponibili ricostruzioni,  fatti e circostanze  che sono state già chiarite in maniera inoppugnabile e con rigore metodologico nel saggio di Vincenzo Boragine.  Spalleggiato  dal professore Monsagrato, l’opuscoletto tenta di affrontare, tra l’altro, il  tema della cosiddetta “relazione Cesari”. La conclusione cui giungono i due  è che la relazione in questione non avrebbe alcun valore,  trattandosi soltanto di un’operazione costruita a tavolino da uno storico dello Stato Maggiore dell’Esercito, il colonnello Cesare Cesari, interessato non si sa bene perché alle tesi di Teano, con la complicità di un avvocato teanese e con il sostegno del Partito Fascista che cerca di ottenere il visto di ministri fascisti e dello stesso Mussolini su un documento zeppo di falsità.   A riprova della loro tesi, i due citano il fatto che una copia del dattiloscritto esistente a Teano rechi su ogni pagina il timbro del Partito Fascista locale. Tanto è bastato per gettare fango su uno storico e su una città accusati  di aver falsificato un dato storiografico. E’ sfuggito ai due che il timbro visibile sulle cinque pagine dattiloscritte non rappresenta nient’altro che il timbro di arrivo apposto dal solerte Avvocato Palmieri di Teano su una copia della relazione che gli era stata inviata dal Cesari dopo aver concluso le sue  ricerche e i suoi studi, soltanto per rendere noto alla città interessata alla questione le sue conclusioni sull’Incontro.  Il dattiloscritto  esistente presso l’Ufficio Storico di Roma non presenta altre tracce di timbri che non siano quelli dello Stato Maggiore dell’Esercito e rivela, con le correzioni a mano, i ripensamenti e il lavoro di limatura compiuto con scrupolo da un serio  ufficiale e da uno storico che ha dato in molti scritti importanti  sul Risorgimento prova delle sue capacità professionali.

Nasce da argomenti come questi l’infortunio in cui è incorso l’Enciclopedia Treccani, annunciando in pompa magna in una conferenza stampa tenutasi il 26 ottobre di aver finalmente assodato nella Taverna Catena il luogo esatto dell’Incontro.

Se l’opuscolo dello studioso locale non presenta alcun elemento chiarificatore sulla questione, il piccolo saggio steso dal professore Monsagrati a mò di spalla della  posizione della Treccani presenta limiti e difetti  che sono propri di una storiografia partigiana: dà rilievo ad una confusa indicazione topografica del Times che nulla precisa, tralasciando di riferire che l’autorevole “London News” in un articolo del dicembre 1860 scritto da un suo giornalista al seguito della spedizione dei Mille colloca l’incontro “nei pressi di Teano”, corredando l’articolo con un disegno dell’incontro schizzato da un illustratore che probabilmente lo accompagnava; dimentica che il corrispondente del quotidiano “Napoli 1860” nel numero 300 di sabato 29 ottobre 1860 scrive testualmente : “Uno storico incontro – Vittorio Emanuele stringe la mano a Giuseppe Garibaldi. Napoli, 27. Ieri mattina alle ore 6 Vittorio Emanuele II ha lasciato il castello di presenzano, ove aveva preso alloggio, e si è messo in marcia con i reparti del suo seguito. Due ore e mezza più tardi, verso le otto e mezza antimeridiane il Re si trovava sulla strada Caianello-Teano, al Bivio della Chiesa di Borgo. Ivi gli andava incontro il Generale Garibaldi, cui il Sovrano stringeva la mano. Vittorio Emanuele e il Dittatore procedevano quindi di fianco a fianco per circa dieci minuti fino a Teano. A Porta Romana si separavano. Non appena ci perverranno, daremo tutti i particolari dello storico, se pur brevissimo, incontro”.

Un errore fatale, che può spiegare la complessiva incomprensione  della dinamica dell’incontro da parte del professore Monsagrati,  viene commesso dal medesimo quando asserisce che il Generale Della Rocca, comandante del 5° Corpo d’Armata, si sia diretto a Teano dopo avere incontrato Giuseppe Garibaldi. In realtà il Generale Della Rocca si muove alle sei del mattino del 26 ottobre da Tavernole per recarsi non a Teano, ma ad Alife, passando per il Quadrivio di Taverna Catena. Per ammissione fatta dallo stesso Capitano del Bono, in qualità di tecnico, a Vincenzo Boragine, si sa che i due Corpi d’Armata si spostavano ad una velocità media di marcia di 4 km/4 km. e mezzo in un’ora. Il Della Rocca, pertanto, deve aver coperto i sei Km. da Tavernole a Taverna Catena in un’ora e mezza circa, arrivando al Quadrivio alle ore sette e mezza. Avendo proprio il Della Rocca scritto nelle sue memorie di aver incontrato Garibaldi dopo due ore di marcia, si deve concludere  che l’incontro tra i due deve essere avvenuto almeno due chilometri più avanti, sulla strada Vairano-Capua, strada che il Della Rocca doveva percorrere per raggiungere il Bivio per Alife posto all’altezza di Tavernanova. E’ esattamente a questo punto, nei pressi di Tavernanova, che Della Rocca incontra Garibaldi e d è qui che quest’ultimo viene a sapere che il Re sta già marciando con il IV Corpo d’Armata verso Teano, sulla strada Caianello-Teano. Ricevuta tale informazione, Garibaldi decide di prendere la strada carrareccia che da Tavernanova conduce a Borgonuovo (il Pecorini-Manzoni dice che  Garibaldi  “tornò indietro sulla strada per Teano per incontrare il Re”) percorrendo i due chilometri di strada che intercorrono tra le due località in un tempo tale, circa mezz’ora, che gli consentì di presentarsi sulla strada Caianello-Teano, proprio all’altezza del Ponte di San Cataldo prima dell’arrivo del Re. Se il professore Monsegrato si fosse premurato di documentarsi attentamente sui luoghi che fecero da teatro agli spostamenti delle forze in campo, esaminando attentamente una carta  topografica dell’epoca, avrebbe potuto riscontrare che la mulattiera carreggiabile che conduce da Tavernanova e Borgonuovo, percorsa da Garibaldi quella mattina,  fiancheggia e, quindi,  scavalca proprio la linea Napoli-Cassino che era allora in costruzione, in conformità al racconto del Missori. Del resto, se Garibaldi dopo l’incontro con Della Rocca, avvenuto intorno alle ore 8 e un quarto nei pressi di Tavernanova, avesse deciso di portarsi verso Taverna della Catena, compiendo un tragitto di ulteriori tre chilometri in direzione Capua-Presenzano, sarebbe arrivato in questo punto intorno alle ore nove: a quell’ora non avrebbe  mai più incontrato Vittorio Emanuele che a Taverna Catena era sicuramente transitato almeno un’ora e mezza prima, intorno alle ore sette e mezza.

Sono tanti i riscontri che potrebbero essere fatti correlando tra loro, in una sequenza logica, tutte le testimonianze, le memorie, gli scritti riguardanti i movimenti effettuati quella mattina dal Re, da Garibaldi e dai due Corpi d’Armata. In questo complesso ma proficuo lavoro ci è stato e continua ad esserci  di grande soccorso il magistrale lavoro di tessitura di dati e di documenti operato dal Boragine nel suo saggio pubblicato nel 1914.

Il Monsagrati, sulla scia del metodo utilizzato dal Del Bono, elenca le fonti che direttamente o indirettamente spostano l’incontro a Taverna Catena, limitandosi a citare soltanto ciò che è utile alla sua tesi. Ma che dire del racconto fatto da Alberto Mario nel  suo “Garibaldi” pubblicato nel 1879!; e che dire del Guerzoni, del Matarazzi, del Palomba,, dello Stefanoni, dello Sforzosi, di Oscar Pio, del Pecorini-Manzoni, del Cellai, di Mario Menghini, del professore Giovanni Mongè, del colonnello Gennaro Ferdinando Moreno, del Massari, del Giovannelli, del Porta, del colonnello Cerqua, del generale Bertolè Viale, dell’Ammiraglio Persano e di tanti altri testimoni e studiosi che nei loro racconti hanno citato Teano o hanno descritto il luogo dell’incontro  con parole che portano inequivocabilmente a Teano e a quel piccolo ponticello posto nei pressi di una “chiesetta e di una casa rustica”, come riferisce nella sua rievocazione Giuseppe Porta!

Sono tanti gli argomenti artificiosi utilizzati dal professore Monsagrati per avvalorare la sua tesi, dando in certi casi la sensazione di arrampicarsi sugli specchi della logica. E’ il caso della spiegazione che è costretto a dare quando si trova di fronte al racconto di protagonisti che collocano l’incontro ad un bivio, e non ad un quadrivio. Per giustificare tale incongruità, il professore spiega che nel linguaggio popolare si fa spesso confusione tra Bivio e Quadrivio. E’ il caso di fargli notare che con questa spiegazione sta dicendo a personaggi come Alberto Mario, come Abba, Missori, Cariolato e altri ancora di non saper distinguere tra bivio e quadrivio.

Ciò che dispiace, è il constatare che una prestigiosa istituzione culturale come l’Enciclopedia Treccani sia incorso in un vero e proprio infortunio, assumendo una decisione tanto rilevante sulla base di una incompleta e parziale documentazione, acquisita, peraltro, in buona parte da scritti prodotti da studiosi locali, e in quanto tali  segnati negativamente dalla loro appartenenza territoriale. In questa decisione è evidente il tradimento di un metodo storiografico fondato sull’esame obiettivo di tutti i documenti a disposizione, nella ricerca della verità che non teme il confronto e la  ricerca a tutto campo.

7 – CONCLUSIONI

Alla luce di quanto  esposto in questa prima parte della “Relazione”, la Commissione  ritiene di poter trarre delle conclusioni  che possono contribuire a chiarire  in maniera incontrovertibile  alcuni aspetti della annosa polemica suscitata ad arte dagli assertori della tesi di Taverna Catena nei confronti di Teano:

1 – l’unico documento ufficiale che fa cenno, in un inciso di due righe, alla  Taverna della Catena quale località in cui si sarebbe verificato l’Incontro tra Vittorio Emanuele II e Giuseppe Garibaldi è  il Diario del Comando in Capo. L’esame testuale di detto documento porta a concludere  che esso non presenta i caratteri di un ’originale  redatto nell’imminenza dei fatti raccontati, mentre quasi certamente si tratta di una  trascrizione realizzata molto tempo dopo in bella copia da un’unica mano. Ad avvalorare questa tesi resta il fatto che nel 1891 il Ministro della Guerra Carenzi, rispondendo ad una richiesta del Comitato di Teano, faceva sapere che gli studiosi dell’Archivio Storico della Stato Maggiore dell’Esercito avevano effettuato accurate ricerche sui tre Diari ivi esistenti senza trovare in essi alcun accenno all’incontro tra il Re e Garibaldi. Tanto porta a concludere che nell’originale del Diario esaminato dagli studiosi nel 1891 non  erano state trovate tracce delle due righe che parlavano di Taverna della Catena.

2 – lo studio pubblicato nel 1909 dal Capitano Del Bono sull’incontro del 26 ottobre propende per la tesi della Taverna della Catena principalmente, se non esclusivamente, sulla base delle due righe miracolosamente comparse dal nulla nella copia del Diario del Comando in Capo.  Si comprende che lo studio del Del Bono, come in più occasioni asserito dallo stesso Stato Maggiore dell’Esercito, è fondato su una base documentale debole e di dubbia aderenza alla realtà dei fatti. Sempre dagli studiosi dello Stato Maggiore dell’Esercito viene messo in rilievo  la visione del tutto “personale” del  Del Bono che nel suo lavoro non ha tenuto in alcun conto  di tutta la vasta e probante documentazione che già allora esisteva a favore della tesi di Borgonuovo.

3 – Lo Stato Maggiore dell’Esercito, il Ministero della Guerra prima e della Difesa poi (sono questi i soggetti che hanno avuto a disposizione tutta la documentazione inerente l’Incontro e hanno potuto analizzarla a fondo e valutarla), hanno in diversi lavori storiografici, da loro stessi curati e pubblicati,   preso posizione ufficialmente e formalmente a favore della tesi di Borgonuovo. A tal proposito fa testo quanto scritto nel volume “L’Assedio di Gaeta”, in altre volumi di storiografia risorgimentale da loro pubblicati, nelle lettere inviate a diverse Autorità politiche ed istituzionali, nonchè  nel famoso  “promemoria sull’Incontro di Teano” redatto  nel 1926 dal Colonnello Cesare Cesari. Quest’ultimo, a conclusione di una inchiesta   affidatagli dal Ministero della Guerra per dirimere l’annosa questione, e alla fine di un lavoro di ricerca accurato e intenso durato ventitre anni, redige una relazione/promemoria  in cui afferma nettamente che l’Incontro tra il Re e Giuseppe Garibaldi deve chiamarsi Incontro di Teano. Successivamente, sotto la pressione delle polemiche insorte per la sua relazione ed a seguito della pubblicazione dell’Assedio di Gaeta, redige un nuovo promemoria nel quale, anche se in forma meno assertiva e più sfumata, conferma il suo convincimento che l’Incontro sia avvenuto al Ponte di San Cataldo. Il promemoria definitivo del Colonnello Cesari, di cui si è venuti in possesso in fotocopia, viene  a cura  dello Stato Maggiore dell’Esercito  stampato presso la Tipografia del Senato, diffuso fra gli studiosi e acquisito agli atti dell’Archivio Storico. Risulta, pertanto,  del tutto falsa e offensiva verso la città di Teano l’accusa rivoltole di aver creato un falso storico.

4 – Ciò che può mettere fine alla stucchevole polemica sul luogo  dell’Incontro è Il  dato topografico più significativo che viene ripetutamente citato da importanti e autorevoli  protagonisti di quella storica giornata,   militari di tutte le parti in campo (garibaldini, piemontesi e borbonici) e testimoni civili.  Nei documenti ufficiali (ad esempio, il  dispaccio del Generale Milbitz e il Diario Borbonico) si fa riferimento talvolta a un  Monte Croce e tal altra a un Monte Santa Croce.  Orbene, considerato che i militari  utilizzavano in maniera esclusiva le carte geografiche esistenti al momento, e non le dicerie popolari,  per definire la loro posizione e i loro movimenti sul terreno, è stato possibile accertare, sulla scorta della cartografia disponibile in quel periodo,  che la dizione  “Monte Croce” o “Monte Santa Croce”  utilizzata dal Generale Milbitz, dagli ufficiali napoletani e in tanti altri documenti e testimonianze, è da intendersi riferita nella maniera più indiscutibile  alle alture  che si elavano a nord-ovest di Teano e degradano  dal  Vulcano di  Roccamonfina verso Borgonuovo,  sfiorando con le proprie pendici la strada che porta a Teano. Ogni altra ipotesi che tenda ad individuare il Monte Croce nella piccola collinetta che si eleva tra Vairano e Marzanello appare del tutto arbitraria, se non ridicola.

IL PROSSIMO IMPEGNO DELLA COMMISSIONE

Una volta sgombrato il campo da  ipotesi fuorvianti circa il luogo esatto del’Incontro, resterebbe da compiere, partendo da un’analisi comparata dei documenti e delle testimonianze – in primo luogo quelle rilasciate dai diretti protagonisti di quella storica giornata e dai testimoni oculari – una ricostruzione puntuale, dettagliata, ragionata e organica  degli avvenimenti verificatisi tra le sei e le dieci di mattina del 26 ottobre 1860, raccontandoli nella loro esatta  sequenza cronologica e raccordandoli ai tanti luoghi che vi hanno fatto da sfondo: Presenzano, Venafro, Taverna Catena, Tavernanova, Taverna Zarone, località Pioppitelli,  il Bivio per Alife, la Via Cupa, il Ponte di San Cataldo, la Chiesa di Borgonuovo, la Stalluccia del Muraglione, il largo antistante il palazzo del duca di Caianello.

Verrebbero a chiarirsi, in una stringente quadratura logica, i tanti interrogativi che da tempo gli studiosi si pongono sul lavoro preparatorio dell’incontro vero e proprio, sui movimenti del Re e di Giuseppe Garibaldi, sugli spostamenti del IV e del V corpo d’Armata, sui tempi impiegati nel compiere  tali movimenti, sugli orari e sui  luoghi in cui si sono verificati i diversi incontri tra Garibaldi e Della Rocca e tra Garibaldi ed il Re, sulle strade percorse in quella mattina dai protagonisti dell’Incontro, sui particolari paesaggistici riferiti dai cronisti e dai militari (la casetta bianca, i pioppi, la pianura uggiosa, la linea ferroviaria in costruzione, il grande bivio, la strada che svolta a destra, il ponticello,  la masseria cantina, ecc.).

Altrettanto interessante sarebbe scoprire le motivazioni per cui un Sindaco di Teano, Giuseppe Lonardo (“costui originario di Caianello” come scrive Vincenzo Boragine in una lettera al colonnello Cesari) fa apporre una lapide con la quale dichiara l’incontro avvenuto nel suo paese di origine e non a Teano.

Sarebbe, infine, interessante riportare, in aggiunta a quelle già pubblicate dal Boragine,  le citazioni testuali, di recente rintracciate,  che riferiscono dell’”Incontro di Teano”, dall’Ammiraglio Persano al cronista inglese del “London News

E’,pertanto,  intendimento della Commissione  nominata dalla Città di Teano continuare l’opera di indagine e di studio per pervenire entro tempi brevi alla stesura di un opuscolo di più ampio respiro che illustri compiutamente la pagina di storia che ha segnato profondamente la memoria della nostra città e ponga termine, una volta  per tutte, ad una stucchevole ed inutile querelle campanilistica.

Note

(1)    – Lo Storico Incontro di Vittorio Emanuele II e Garibaldi di Vincenzo Boragine – Teano 1914

Il testo del Boragine, oggi consultabile soltanto nella ristampa fatta dal Comune di Teano nel 1982, ricevette alla sua pubblicazione il plauso di studiosi del Risorgimento e dello stesso Stato Maggiore dell’Esercito. La Rassegna Storica del Risorgimento (Organo della Società nazionale per la Storia del Risorgimento) così recensiva il libro nel Fasc. I – Anno II: “ Con una costanza e una diligenza veramente ammirevoli, tutti i mezzi furono escogitati e messi in atto da lui per gioungere alla comprensione della verità e alla più esatta determinazione delle cose. Così furono letti attentamente e studiati e sottoposti a critica gli storici e gli scrittori che trattarono degli avvenimenti di quell’anno fortunoso nell’Italia Meridionale; interrogati con apposito questionario i superstiti, ormai ridotti a piccolo numero, sia del campo regio come del campo garibaldino;visitati, percorsi e riconosciuti quasi palmo  a palmo i luoghi; raccolte e vagliate le tradizioni e anche le affermazioni di pochi testimoni oculari che vivevano ancora a tempo di quell’inchiesta; ricercatial Ministero della Guerra, all’archivio del Corpo di Stato Maggiore e altrove, nuovi documenti e, quand’era necessario, posti a raffronto con altri già acquisiti dalla storia”.

(2)    Rivista “Memorie Storiche Militari” – Fasc. I – Edizioni Stato Maggiore dell’Esercito – 1909;

(3)    E’ lo stesso  Del Bono in un  articolo apparso su “La Tribuna” a confermare che la tesi a favore di Taverna Catena è fondata quasi esclusivamente sul Diario del Comando in Capo, affermando “…nelle Memorie storiche militari del gennaio 1909 mi sembrò di aver dimostrato esuurientemente, sulla base del Diario del Comando in Capo che il Re Vittorio Emanuele e il Generale Garibaldi s’incontrarono a Taverna della Catena”;

(4)    Archivio Borbonico  n.b. 1701. Archivio riservato di casa reale, cronache e manoscritti. La fusione sardo-garibaldini, la guerra, il plebiscito, la riprovazione europea – Cap. X – 992;

(5)    “L’Assedio di Gaeta” , pag. …….– 1927 – Edizione del Ministero della Guerra – Stato Maggiore dell’Esercito.

(6)    STATO MAGGIORE DELL’ESERCITO – Ufficio Storico – “IL GENERALE GIUSEPPE GARIBALDI” – Roma 1982, pag. 278;

MINISTERO DELLA GUERRA – Stato Maggiore dell’Esercito, Ufficio Storico – La Campagna di Garibaldi nell’Italia Meridionale (1860) Roma Libreria dello Stato 1928 –